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Visualizzazione dei post da gennaio, 2016

Tempo di speranza

Tempo di speranza - Giovanni Sicuranza C'era un tempo in cui le nuvole grigie erano i bombardieri che giungevano compatti come cavalleria dell'Apocalisse e Don Lario ci diceva di scendere giù nelle cantine, a ripararci, anche se ogni  cantina cantava inferni di fuoco e dannazione. In quel tempo la morte parlava a noi tutti.  Ci camminava a fianco, ci dava la mano, a volte capitava che ci sfiorava senza prenderci e allora le rendevamo grazie.  La sua continua presenza ci faceva sperare ancora nel cielo dei giorni belli, perché solo accanto alla morte apprezzi ogni lembo di vita. Poi ci fu la sera in cui gli uomini del villaggio trascinarono i corpi di due nemici precipitati dalle grandi altezze, e quando li vide sanguinare tua nonna disse rosso di sera bel tempo si spera.  Noi bambini iniziammo a giocare con loro, dentro loro.  Aprivamo un po' di più le ferite e vinceva chi riusciva ad estrarre i pezzi di carne più grandi, e i nostri gattini, quelli risp

Sotto la terra qualcosa campa - esumazione delle prime venti pagine (circa)

Non è un romanzo per un lettore forte.  Non è un romanzo per un blogger acuto.  Non è un romanzo per un editore serio. Non è un romanzo da affollare librerie. Ti piace anche se non ti piace. Sotto la terra qualcosa campa Giovanni Sicuranza Due respiri. Uno per capire, l'altro per finire. Quando succede, credimi, sei solo.  Tu e nient'altro che la tua solitudine.  Chissà se comprendi mai la glaciazione della morte, l'estinzione di massa di ogni tua sensazione.  Certo, magari ci hai sperato da una vita, che so, perché sei stato circondato da persone imposte, svuotato da empatia, ma lascia perdere quel sorriso sghembo, ti sta come un salice piangente a sfregiarti le labbra. Tra poco avrai la necessità di liberarti dal peso della notizia con un sospiro. Un sospiro lungo.  Un sospiro sottratto dalla totalità finita dei tuoi respiri.  Per il momento c'è ancora tempo per riflettere su come questa società ha rimosso

Bio Age

Bio Age - Giovanni Sicuranza Guarda il cervo, dico al mio cucciolo, leggero, cauto, per non smarrire gli altri animali. Siamo accovacciati fianco a fianco tra i cespugli della baita dei nonni. È un bambi, gongola lui. È felice, di quella prevedibile e confortante felicità dei nostri figli alla vista di piccoli di altre specie, purché antropomorfizzabili, trasformabili in peluche o personaggi da cartoni animati. Appoggio il braccio libero dal binocolo intorno alle sue gracili spalle, lui capisce e non si muove. Non applaudire. No, papà. E non chiamarlo. Uh, uh. Bravo. Però è bello.  Il bello del cervo, di questo cervo, sono gli occhi. Enormi, senza fondo. Due simmetriche cavità in cui stanno banchettando i corvi. Piume frementi di nero dentro orbite nere. Il cervo se ne sta sdraiato su un fianco e altri corvi, metodici, srotolano il suo intestino sull'erba. A vederlo estendersi così, sembra un serpente insanguinato che esce dalla tana per

La santella e il calamarium

La santella e il calamarium - Nostra Signora della Fossa Giovanni Sicuranza I Nasco e muoio in Anno Domini 1631 sul ciglio del Lago Nero.  Sono sopravvissuta per nove mesi. Diciassette, contando quelli trascorsi nella simbiosi con mia madre. Il mio primo pianto non si sente, sovrastato da quello dei lutti, in un paese annichilito dal morbo nero.  I cadaveri vengono nascosti nel lago.  Non c'è tempo per singole sepolture. Non c'è la forza di guardare i morsi di una morte nuova, devastatrice di corpi e speranze. Quando i miei bubboni esplodono sangue e pus, il cervello è in rapida espansione.  Il mio corpo infante è accatastato su quelli di mia madre, di mio padre. Sui resti dei miei fratelli.  Nessuno capisce che la mia vita encefalica continua. Nasco e muoio nel 1631, la mia tomba è il Lago Nero.  Ma vivo ancora nella santella costruita sulla sponda, accanto al sentiero che da Lavrange porta sulla montagna.  La santella è in memoria dell'

Sotto la terra qualcosa campa - il libro

Sotto la terra qualcosa campa - il libro Cominci qui, dunque.  Hai gli occhi che zampettano da una riga all'altra, ancora imberbi, insicuri della storia. Sì, devi avere l'ignoranza dell'abisso, la cecità di ogni epidemia e carestia che ha decimato la popolazione d'Europa tra il 1300 e il 1700.  Vedi, nemmeno sai di cosa parlo, ah, la glaciazione dovrebbe essere più fiera, mordere e portarsi via ogni genia dell'uomo, lo dico sempre.  Questa tua stolta ostinazione nella lettura, questo spreco di carne tua giovane.  Nostra Signora della Fossa ha spento centinaia di noi, qui a Lavrange, eppure dalla nostra morte ha creato migliaia di vite.  Ragazzo, forse ora capisci perché nel nostro paese il cimitero è vuoto. Certo, qualcuno si attarda all'Albergo dei Tre Atti, tanto per abituarsi all'idea del trapasso e tanto perché il suo gestore è un narratore degno di gotico rispetto.  Poi però finiamo tutti lì, nel giardino della Strega.  Sei ancora convin